
Qualcuno (F. Nietzsche) ha detto che i fatti sono stupidi – vale a dire: se non vengono interpretati, non si capiscono. Però, aggiungiamo noi, l’interpretazione deve essere quella giusta, altrimenti si capiscono fischi per fiaschi.
Vediamo i fatti di cui ci parla Mt 14,13-21 e proviamo ad interpretarli con la mentalità del mondo:
- Erode ha fatto decapitare Giovanni Battista: brutto segno! Giovanni prepara la strada… Anche per Gesù si vede la malaparata.
- Gesù decide di partire per ritirarsi in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle lo rincorrono, anzi addirittura lo precedono e gli si assiepano incontro. Che scocciatura! non ha un momento di tregua!
- La gente è tanta, migliaia di persone. I discepoli hanno cinque pani e due pesci. I bisogni sono vasti, le risorse sono scarse… a che serve impegnarsi?
Proviamo invece ad interpretare gli stessi fatti dal punto di vista di Gesù:
- L’uccisione di Giovanni lo spinge a ritirarsi nel deserto, in intimità col Padre, perché ciò che si sta preparando non è la sconfitta: è la Pasqua di salvezza!
- La folla che lo raggiunge non gli provoca fastidio: gli suscita compassione: sono poveri, deboli, ammalati… Gesù se ne prende cura con amore, perché è per loro che è venuto.
- La sua compassione si traduce anche nel dare da mangiare. La sproporzione tra il bisogno della gente e i pochi mezzi a disposizione è l’occasione per mostrare la verità delle parabole che aveva da poco raccontato: il Regno è come un seme piccolissimo, che però dà luogo ad un albero; è come una piccola quantità di lievito che fa fermentare una grande massa. Ma per ottenere questo bisogna dare tutto, come l’uomo che vende tutti i suoi beni per comprare il campo dov’è nascosto il tesoro o per acquistare la perla di valore inestimabile.
Nella pagina evangelica vi sono poi altri due punti di vista: quello della folla e quello dei discepoli – e questi sono importanti perché, in ultima analisi, è di noi che si parla.
Per le folle c’è un unico desiderio: quello di stare con Gesù, costi quel che costi! Bisogna uscire dalle proprie case, seguirlo a piedi, rischiare la persecuzione (e la morte di Giovanni Battista sta a dimostrarlo), però ne vale la pena! Sembra davvero che questa gente abbia recepito l’invito di Is 55,1-3: “O voi tutti assetati venite all’acqua… Ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti”.
Di quale bevanda si parla? Qual è il cibo che sazia gratuitamente? È Gesù Cristo, è la comunione con lui! Questo cerca la folla, questo offre Gesù.
E i discepoli? I discepoli sono chiamati anzitutto a capire chi è Cristo: è il rifugio, è compassionevole, guarisce e sfama. Quindi sono chiamati a rifugiarsi in lui, a partecipare dalla sua compassione. E a dare tutto!
La tentazione di scoraggiarsi è forte. Giovanni è stato ucciso: brutto segno! Volevi ritirarti in solitudine e c’è tanta gente: non te ne va una giusta! Ci sono cinquemila uomini da sfamare e hai solo cinque pani e due pesci: non vale la pena di provarci!
Ma ciò che opera in te è più forte di tutto questo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati” (Rm 8,35).
L’amore di Cristo è la chiave di tutto: questo è ciò che la folla cerca, questo è ciò che Gesù offre, questo è ciò che dobbiamo trasmettere.
Siamo deboli, siamo scarsi… Ma il Signore moltiplica i nostri cinque pani – a noi è richiesto soltanto di metterceli tutti. E se abbiamo capito che stare con Gesù è l’unica cosa che conta, possiamo andargli dietro senza temere che ci manchi qualcosa, e possiamo diventare nel mondo lo strumento di questo amore.
Rispondi