Diciamocelo francamente: alle volte ci scandalizziamo di Dio. Come può un Dio onnipotente e buono lasciare che nel mondo ci sia tanta ingiustizia e tanta sofferenza? Come può permettere che nella sua stessa Chiesa vi sia spazio per il vizio e la corruzione? Se Gesù è venuto a istaurare il regno dei cieli, com’è che su questa terra le cose continuano ad andare così male?
Infondo, tutte queste domande si riassumono in ciò che i servi della parabola (Mt 13,24-30) chiedono al padrone:
Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo?
La prima domanda esprime un dubbio possibile: tutto il male che c’è nel mondo e nella stessa Chiesa, non è forse segno che Dio ha sbagliato qualcosa? che – per usare il linguaggio della parabola – forse il seme che ha seminato in realtà non era buono?
E se non dobbiamo dubitare del fatto che Dio ha fatto bene, allora si pone la seconda domanda:
Da dove viene la zizzania?
Da dove viene il male? Forse è un prodotto del “caso” e della “necessità”? Forse è qualcosa che sfugge al Signore, qualcosa su cui non ha controllo?
Un nemico ha fatto questo!
Un nemico! Dio ha creato dei soggetti liberi, perché potessero essere amici, ma alcuni di loro si sono volti in nemici. È il rischio della libertà, che è il prezzo dell’amicizia. La libertà è un grande bene, perché senza libertà non c’è amicizia, ma la libertà può essere usata anche male e fare male. A questo, con la fede e con la ragione possiamo arrivarci.
Però a questo punto ci viene spontanea una richiesta: come dobbiamo reagire di fronte al male che c’è nel mondo? Nel tuo campo, Signore, c’è la zizzania – e questo non fa piacere né a noi né a te:
Vuoi che andiamo a raccoglierla?
È la tentazione dell’integralismo e del fanatismo: un atteggiamento con il quale le religioni sono costrette spesso a fare i conti, una mentalità che diventa terrorismo, persecuzione. E non pensiamo solo ai talebani o ai tribunali dell’Inquisizione (è troppo facile puntare il dito sugli errori degli altri o del passato)! Guardiamo anche al giustizialismo contemporaneo, alla facilità con cui pretendiamo di togliere di mezzo le “mele marce”…
È una mentalità che nasce anzitutto dalla presunzione di essere capaci di giudicare e di saper discernere il grano dalla zizzania. Ed è una mentalità che si coniuga con una sciocca mancanza di realismo, perché in un mondo in cui il bene e il male sono così strettamente intrecciati, anche se il discernimento fosse corretto, la “purificazione”, l’eliminazione del male, sarebbe comunque impossibile.
Non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.
Bisogna aspettare la mietitura.
In realtà è tutta questione di fede. Se guardi il lato umano, vedi un campo in cui c’è un 50% di grano e un 50% di zizzania e temi che la zizzania soffochi il grano. Come quando guardi un granello di senape vedi solo la sua piccolezza o se hai un pugno di lievito vedi solo che le tre misure di farina da impastare sono molto più grandi. Ma se guardi il lato divino, sai che il grano maturerà e sarà riposto nei granai, come dev’essere; sai che il seme diventerà un albero, sai che la farina lieviterà tutta, perché la forza viene da Dio.
Di fronte a ciò che ci scandalizza, allora, premuriamoci soltanto di non essere noi a dare scandalo, usiamo bene la nostra libertà per essere amici che seminano il bene e non nemici che mettono zizzania. E soprattutto fidiamoci! Non angustiamici per nulla (Fil 6). C’è un solo Dio e tutto obbedisce alla sua parola. Tutto va come deve andare: va tutto bene. Dinanzi all’eternità di Dio, tutto è già risolto.
Non si tratta di coltivare un ottimismo sciocco, ma di guardare tutto alla luce della croce e della risurrezione di Cristo: Si tratta di rimettersi a Dio come un bambino si rimette ai genitori: fidandosi di una ragione troppo superiore per essere compresa, ma accettata perché si sa di essere amati.
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XVI Domenica T.O. Anno A