In queste ultime settimane del Tempo pasquale, la liturgia ci prepara alla grande festa di Pentecoste. E lo fa attraverso il Vangelo di Giovanni.
Per rimanere il più possibile aderenti all’intenzione dell’evangelista, concentriamo la nostra attenzione sui due titoli dello Spirito Santo più cari a Giovanni: il Paraclito e lo Spirito di verità[*].
Il nome Paraclito ha diverse sfumature di significato: difensore, avvocato, consolatore… Ma tutte indicano un’azione a favore dei credenti. Durante la sua vita terrena Gesù stesso era il Consolatore: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi – diceva – e io vi consolerò (Mt 11, 28). Promettendo il Consolatore è come se dicesse: “Andate a lui, voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed egli vi consolerà!”.
La cosa più importante, però, in questo momento, non è tanto di spiegare il significato del titolo di Consolatore, quanto di raccogliere l’invito di Cristo e di fare l’esperienza della consolazione dello Spirito Santo. Lo sfondo in cui ci è presentata l’azione del Paraclito è quello dello scontro con il mondo. Il mondo però non è solo quello esterno a noi; è anche quello che opera dentro di noi, nelle tendenze cattive, nelle resistenze, nelle debolezze, nel peccato. Una massa tale di negatività che, a volte, sembra impossibile resistere ad essa.
Lo Spirito Santo svolge con noi il ruolo esattamente contrario a quello che svolge lo spirito del male. Lo stesso Giovanni che definisce lo Spirito Santo “il Difensore”, chiama Satana “l’Accusatore” (Ap 12, 10). Lo Spirito Santo difende i credenti e “intercede” per essi presso Dio ininterrottamente, con gemiti inesprimibili (cfr. Rm 8, 26 s); lo spirito del male accusa i credenti “davanti a Dio giorno e notte”. Egli accusa i credenti davanti a Dio e accusa Dio davanti ai credenti. Ma quanto è infinitamente più forte e vittorioso il difensore, rispetto all’accusatore! Con lui possiamo vincere ogni tentazione e trasformare la stessa tentazione in vittoria.
Come ci consola questo “consolatore perfetto”, come lo definisce un inno della liturgia? Egli è in se stesso la consolazione! Consola facendo risuonare nel cuore le parole che Gesù diceva ai suoi quando era con essi: Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo! (Gv 16, 33). Consola attestando al nostro spirito che siamo figli di Dio (cfr. Rm 8, 16). L’apostolo Paolo ha fatto l’esperienza di questa consolazione divina nelle tribolazioni, tanto da chiamare Dio Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione (2 Cor 1, 3 s). Tutta la Chiesa ha fatto, all’inizio, questa esperienza dello Spirito “consolatore”: Essa – è scritto cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo (At 9, 31).
E veniamo all’altro titolo: “Spirito di verità”. Per comprenderlo bisogna sapere cosa indica “verità” nel Quarto Vangelo: al pari di “Spirito”, indica la realtà di Dio. Per questo, adorare Dio “in Spirito e verità” (Gv 4, 24) significa non adorarlo alla maniera umana, legata a luoghi e a modi umani, ma adorarlo nella sua stessa sfera, resa accessibile in Cristo e, dopo di lui, nello Spirito: adorare Dio per mezzo di Dio!
Lo Spirito Santo ci conduce ad un contatto sempre più intimo e profondo con la realtà di Dio, ci dà accesso alla vita stessa di Cristo. È il principio della nostra esperienza, non solo della nostra conoscenza, della realtà di Dio. È “la nostra comunione con Dio” (s. Ireneo), crea “l’intimità con Dio” (s. Basilio). Nello Spirito Santo noi entriamo in contatto diretto con Dio, cioè senza intermediari creati. Non conosciamo più Dio solo “per sentito dire”, ma “di persona”; non dal di fuori, ma dal di dentro.
Giovanni, al cap. 7 del suo vangelo, racconta che nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa delle Capanne, Gesù levatosi in piedi esclamò a gran voce: “Chi ha seta venga a me e beva chi crede in me”. E l’evangelista Giovanni commenta: Questo egli disse riferendosi allo Spirito (Gv 7, 37-39). Ciò significa che la condizione prima per ricevere lo Spirito Santo non sono i meriti e le virtù, ma è il desiderio, il bisogno vitale, la sete. La parola di Gesù fa eco a quella di Isaia: O voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente (Is 55, 1).
Il problema pratico, circa lo Spirito Santo, sta proprio qui: abbiamo noi sete dello Spirito Santo, o abbiamo invece una inconfessata paura di lui? Noi intuiamo che lo Spirito Santo, se viene, non può lasciare tutto come trova nella nostra esistenza: potrebbe farci fare anche cose diverse che non siamo pronti ad accettare. Egli non ha mai lasciati tranquilli e riposati quelli sui quali è venuto. Quello che lo Spirito Santo tocca, lo Spirito Santo cambia! Così la nostra preghiera per avere lo Spirito Santo somiglia talvolta alla preghiera che Agostino rivolgeva a Dio prima della conversione: “Guariscimi, Signore, guariscimi… ma non subito!”. Vieni, Santo Spirito -siamo tentati di dire-, vieni… ma non subito; e soprattutto non toccare le mie abitudini, i miei interessi e il mio stile di vita!
Chiediamo dunque anzitutto allo Spirito Santo di toglierci la paura che abbiamo di lui. Diciamo: Vieni, vieni, Santo Spirito! Vieni ora, vieni come vuoi! Piega, scalda, risana, irriga, brucia, rinnova. Amen.
[*] In questa lettura seguo una traccia di p. Raniero Cantalamessa.
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