La liturgia della parola, in queste domeniche, è un approfondimento del mistero della Pasqua, come uno scavo nello spessore di questo evento sconvolgente.
Certamente nella Pasqua c’è un elemento di distacco: Gesù passa da questo mondo al Padre. I discepoli nel cenacolo – come abbiamo ascoltato nel vangelo – non sentono altro che questo distacco, e si turbano. Gesù li esorta ad avere fede, a credere:
Non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede.
È ben più che la richiesta di un voto di fiducia[*]: la nostra fede vince il mondo (1Gv 5,4), perché ci unisce a Gesù che ha vinto il mondo (Gv 16,33).
Questa unione con Gesù è espressa con le parole:
Vado a prepararvi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi.
Certo, queste immagini ci fanno pensare al Paradiso, alla “casa del Padre” in cui “vi sono molte dimore”. Ma non solo! A partire dalla Pasqua, la “casa del Padre” è il corpo di Gesù risorto. Dovunque è Gesù risorto, lì è il Padre. “Se uno mi ama – dice Gesù qualche versetto più sotto – osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). E allora, se con la sua morte e resurrezione Gesù deve “prepararci un posto”, ciò significa che ci deve preparare all’unione con il Padre – come dice sant’Agostino: “Gesù prepara le dimore preparando coloro che dovranno abitarvi”.
Siamo dunque chiamati ad abitare in Gesù risorto fin d’ora, ad entrare nella dimora del Padre che è Gesù presente qui ed ora! Egli è la via, la “porta” – come abbiamo ascoltato domenica scorsa – per entrare nella salvezza, perché egli stesso è la verità, l’unica rivelazione del Padre che ci rende capaci di conoscere la meta verso cui camminiamo, ed è la vita che vince sulla morte e libera da ogni turbamento.
Però per entrare in questa vittoria ci è richiesta la fede, ed il problema è che noi abbiamo sorta di diffidenza naturale nei confronti della fede, perché aver fede significa fidarsi. E noi abbiamo paura di fidarci. Anche per gli apostoli era così: Tommaso vorrebbe sapere dove se ne va Gesù, Filippo vorrebbe vedere il Padre… Sapere, vedere… Gesù, al tempo stesso, li spiazza e li incoraggia:
Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me… Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre è in me?… Chi ha visto me, ha visto il Padre.
A questo punto, però, si pone per noi un problema diverso da quello degli apostoli: loro vedevano Gesù in carne ed ossa, noi non lo vediamo! Ma c’è vedere e vedere. Filippo ha visto Gesù tante volte, eppure non lo conosce; per lo meno, non lo conosce fino in fondo. Il fatto è che “non si vede bene che con il cuore; l’essenziale è invisibile agli occhi” (A. de Saint-Exupéry).
Noi vediamo Gesù? Sì, cari amici: col cuore lo vediamo attraverso i suoi sacramenti, a partire dal sacramento universale che è la Chiesa, grazie al sacramento del Battesimo che ci introduce nella “dimora del Padre” che è Cristo risorto, e massimamente nel sacramento dell’Eucaristia che è Cristo stesso, via verità e vita. E siamo persino privilegiati rispetto ai discepoli che avevano Gesù davanti agli occhi. Filippo lo conosce, ma non lo conosce. Dopo quell’ora si potrà dire ai discepoli: “Voi avete conosciuto il Padre” (1Gv 2,13), perché non è solo un vedere degli occhi, ma un conoscere del cuore fatto nuovo dallo Spirito Santo.
In questi giorni, il Popolo di Dio deve ancora fare a meno di questa mediazione sacramentale: la comunità non può riunirsi, l’Eucaristia non può essere ricevuta. Personalmente, credo che il Signore permetta questo per far nascere in noi la nostalgia dell’incontro, il desiderio della presenza. Tra qualche giorno speriamo di tornare a celebrare insieme il “mistero della fede”: come sarà bello ritrovarci in Cristo che ci rende partecipi del suo corpo e del suo sangue, aprendoci la dimora del Padre e facendoci pregustare il banchetto del cielo! Radichiamoci nella fede e pregustiamo fin d’ora questa conoscenza del cuore che ci renderà beati nella vita futura.
[*] Cf. R. Brown, Giovanni. Commento al vangelo spirituale, Assisi 1979, pp. 750-61.
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