Domenica delle Palme, nella prima lettura, leggiamo:
Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattino fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli (Is 50,4-7).
Come discepoli del Signore, noi abbiamo una parola da indirizzare al mondo sfiduciato, oppresso dal flagello di questa pandemia, una parola di conforto. Il Signore ci ha aperto l’orecchio perché noi la ascoltassimo e ci ha dato la lingua perché la pronunziassimo. Ma non è un compito leggero, perché la parola di conforto per lo sfiduciato porta con sé la persecuzione del profeta.
Cogliamo il paradosso: il profeta porta parole di conforto, ma deve presentare il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che gli strappano la barba, la faccia agli insulti e agli sputi. Con-sola facendosi solidale con-chi-è-solo: assume le nostre sofferenza; e con-forta facendosi solidale con chi è debole: noi partecipiamo della sua forza perché siamo consapevoli della sua vicinanza.
Guardiamo così la passione di Gesù. Isaia ce la presenta come un’istruzione, un insegnamento da apprendere, perché possa diventare una parola di conforto, di fiducia, di consolazione.
Questo mi fa venire in mente un verso della famosa preghiera Anima Christi di sant’Ignazio di Loyola, laddove dice:
Passione di Cristo, confortami!
Abbiamo bisogno di essere confortati, ossia di ricevere forza da qualcuno che stia con noi. Ne abbiamo bisogno perché siamo deboli, non solo fisicamente, ma anche moralmente e spiritualmente. L’accusatore gioca a farci sentire inadeguati per schiacciarci nella nostra debolezza. Così ci troviamo sfiduciati, ci sentiamo soli…
Ma non siamo soli! La Passione di Cristo ci conforta, ci consola, ci ridona fiducia.
La passione di Cristo ci conforta, anzitutto come dimostrazione dell’amore di Dio per noi. Quanto siamo preziosi se il Padre ha dato il suo Figlio unigenito per noi, cioè per me e per te! Quanto siamo preziosi se Gesù ci ha chiamato amici e ha dato la sua vita per noi, i suoi amici: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me!” (Gal 2, 20).
La passione di Cristo ci consola perché tutta la nostra debolezza, tutto il nostro peccato, è dentro la passione di Cristo. Ciò significa che la mia sofferenza è in Gesù e che Gesù è dentro ogni mia sofferenza: è solidale con me, proprio con ciò che più mi ripugna di me. Gesù sta lì, nascosto nelle mie piaghe; per questo il posso nascondermi nelle sue piaghe: egli non permette che io sia separato da lui!
La passione di Cristo ci ridona fiducia perché Gesù ha vinto sul peccato e sulla morte, perché la sua sofferenza si è mutata in gioia, perché le sue piaghe ora sono gloriose, perché è risorto. E con lui anche noi risorgeremo; in lui anche le nostre piaghe sono risanate, la nostra sofferenza si muta in gioia.
In questa settimana santa, chiediamo al Signore che ci faccia fare un’esperienza “da discepoli”, che ci faccia ascoltare e contemplare il mistero della passione, questo grande mistero di amore, e che possiamo trarne conforto noi e tutti gli sfiduciati che incontriamo.
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