La festa di oggi celebra la presentazione di Gesù. Ma chi lo presenta e a chi lo presenta? A un livello più semplice, sono Maria e Giuseppe che presentano il bambino a Dio (Lc 2,22), ma ad un livello più profondo è Dio stesso che presenta Gesù a noi, e lo fa attraverso la profezia di Simeone.
Simeone ci appare come un uomo giusto e pio, che vive proteso verso la realtà che deve venire. “Aspettava la consolazione di Israele”, vale a dire “il Cristo del Signore”. Già da queste poche parole noi abbiamo una prima presentazione di Gesù, fatta direttamente dallo Spirito Santo che riposa su Simeone: Gesù è il Cristo – il Messia, l’Unto del Signore – e la sua attività è indicata come “consolazione”. “Consolare” significa “stare con uno che è solo”, dunque fare compagnia a chi è triste, alleviare il dolore con la propria presenza. Ecco: Gesù ci viene presentato anzitutto come la nostra consolazione: abbiamo tanti motivi di desolazione nella nostra vita, ma abbiamo un motivo di consolazione che vince su tutto: Gesù è con noi!
Simeone, accogliendo il bambino tra le braccia, prorompe in una benedizione a Dio in cui il bambino Gesù viene chiamato “la tua salvezza”. La salvezza è la vittoria su un male, significa essere tratti da un pericolo in cui si rischiava di soccombere. “Salvare” – a seconda dei pericoli – significa proteggere, liberare, riscattare, guarire; e la salvezza significa vittoria, vita, pace… Ebbene, Gesù è salvezza di Dio per noi!
Proseguendo, Simeone afferma che Gesù è “luce per rivelarti dalle genti e gloria del tuo popolo Israele”. “Le genti” sono tutte le nazioni; per tutti i popoli Gesù è la Parola di Dio che illumina chi sta nel buio dell’ignoranza e dell’errore. “Israele” è il popolo di Dio, povero e umiliato davanti al mondo, ma infinitamente glorioso per la potenza salvifica di Dio.
Consolazione, salvezza, luce, gloria… Sembra una pagina trionfale, e in un certo senso lo è, per la parte rivolta a Dio; ma, ancora con il bambino in braccio, Simeone si rivolge con una parola profetica a Maria, alla quale, dopo gli accenni gioiosi a motivo del bambino, annuncia una profezia della croce[i]. Gesù “è posto per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione”. Infine viene riservata alla madre una predizione molto personale: “A te una spada trafiggerà l’anima”. La gloria è collegata inseparabilmente alla croce, la luce spesso non viene accolta, perché c’è chi preferisce nascondersi nel buio perché le sue opere sono malvagie, la salvezza si scontra tante volte col rifiuto a lasciarsi salvare.
Sappiamo quanto Cristo oggi sia segno di contraddizione: una contraddizione che, in ultima analisi ha di mira Dio stesso, Dio che viene visto come il limite della nostra libertà, un limite da eliminare perché l’uomo possa essere totalmente se stesso. Dio, con la sua verità, si oppone alla molteplice menzogna dell’uomo, al suo egoismo ed alla sua superbia. Dio è amore, ma l’amore può anche essere odiato, quando ci chiede di uscire da noi stessi per andare al di là di noi stessi. La salvezza non è il benessere dell’uomo autocompiaciuto, bensì una liberazione dall’egoismo – e questo ha come prezzo la sofferenza della Croce.
Una spada trafiggerà l’anima di Maria: ella sarà pienamente solidale con il Figlio, così come il Figlio si è fatto pienamente solidale con noi. Ma proprio questa solidarietà è la nostra consolazione: nella croce, non siamo soli; nella croce, Gesù è la nostra salvezza, la nostra luce, la nostra gloria, e Maria ci accompagna.
Questo non solo ci consola, ci insegna anche a consolare gli altri, ad essere a nostra volta solidali con chi patisce la croce, ad accogliere la sofferenza altrui come sofferenza nostra e ad adoperarci perché la salvezza di Cristo raggiunga ogni essere umano.
[i] J. Ratzinger – Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, Roma-Milano 2012, pp. 100-102, che riporto quasi alla lettera.
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
IV Domenica T.O. Anno A 2020