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Comincia un nuovo anno liturgico e proprio all’inizio risuona un grido dalla voce di san Paolo:
Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno! (Rm 13, 11).
Guardando tante realtà ecclesiastiche europee, si ha l’impressione che dormano. Si fanno più o meno le solite cose, le persone invecchiano, la liturgia è sciatta, l’apostolato è una mera conservazione dell’esistente che non riesce però a fermare l’erosione del mondo, la preghiera personale è ridotta ai minimi termini (quando non addirittura abolita), la penitenza semplicemente non c’è, l’amore fraterno è sostituito da emozioni… Ebbene: questo è il tempo di svegliarci dal sonno!
L’anno liturgico, e si apre con un tempo di attesa. Questo tempo, come sappiamo, si chiama “Avvento”, parola che significa “venuta”: attendiamo la venuta del Signore.
Normalmente siamo portati a dire che questo tempo d’Avvento, che dura quattro settimane, è un periodo di preparazione al Natale e quindi riteniamo che la “venuta” del Signore a cui ci prepariamo è il suo Natale…
In realtà le cose non stanno “proprio” così: se la “venuta” del Signore che attendiamo fosse soltanto il suo Natale, l’Avvento sarebbe semplicemente il tempo della memoria, del ricordo del passato. Infatti sappiamo che il Signore è venuto duemila anni fa: che senso avrebbe “attendere” qualcosa che è già accaduto? Così accade che persino l’anno liturgico contribuisce ad addormentarci: è lo stesso tempo dell’anno passato, di quello prima e di quelli prima ancora, le stesse letture, gli stessi riti… Possiamo tirare a campare anche quest’anno, magari coltivando la pallida memoria dei fatti passati.
E invece l’Avvento, oltre che tempo di memoria, è anche tempo di speranza: è tempo rivolto al futuro. Aspettiamo il Signore che verrà nuovamente “nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine”.
È a questa seconda venuta del Signore che fa riferimento san Paolo dicendo:
La nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti.
Il profeta Isaia (2,1-5) ci presenta questa salvezza con parole meravigliose: si manifesterà la grandezza del Signore, che ora è come nascosta agli occhi degli uomini. Tutti i popoli la vedranno e si accosteranno al nostro Dio per imparare a conoscere le sue vie, per camminare nei suoi sentieri. E il frutto di tutto ciò sarà la pace: gli strumenti di guerra (lance, spade) saranno trasformati in strumenti per coltivare la terra (aratri, falci). Un tempo di gioia, quindi, di giustizia, di salvezza e di pace. È una descrizione piena di luce sfolgorante.
Nel Vangelo di Matteo (24,37-44), al contrario, abbiamo una descrizione in forte chiaroscuro. Il modello è quello del diluvio al tempo di Noè, la distruzione per eccellenza. Il chiaroscuro è dato dal fatto che qualcuno, come Noè, entra nell’arca e si salva, mentre gli altri periscono tutti; ci è dato dal fatto che
due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l’altra lasciata.
La differenza non sta in quello che si fa, ma in come lo si fa: i due uomini stanno facendo lo stesso lavoro nel campo, ma uno si salva e l’altro no; le due donne stanno macinando alla stessa mola, ma una si salva e l’altra no. Anche Noè, come gli uomini del suo tempo, doveva mangiare e bere, anche lui aveva preso moglie e generato figli, ma lui entrò nell’arca e gli altri no. Che cosa fa la differenza?
Lavorare, mangiare, bere, prendere moglie e prendere marito… sono tutte cose buone, ma sono strumenti per qualcosa di più grande: servono per la vita terrena, ma devono prepararci alla vita eterna, all’incontro col Signore. Se invece noi ci tuffiamo in queste cose, all’incontro col Signore non ci pensiamo più. Se siamo tutti presi dalla ricerca dei nostri comodi, dei nostri comfort e non ci accorgiamo di nulla, non ci accorgiamo di quel che il Signore sta preparando, perdiamo il nostro tempo, teniamo la nostra mente intontita con tante cose, ci preoccupiamo del denaro, del successo, del potere… e non ci rendiamo conto di perdere la salvezza eterna.
Gesù ci ha dato anche un’altra immagine: quella di un ladro che arriva ad un ora inimmaginata: se il padrone dorme, gli scassina la casa; se invece il padrone sta sveglio non può fare nulla. Capite perché S. Paolo dice che è tempo ormai di svegliarci dal sonno? Ecco il tempo favorevole!
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
I Domenica Anno A T. A. 201o