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Per chi ha dimestichezza con i salmi, non è difficile immaginare cosa fosse il tempio di Gerusalemme per i pii israeliti: Quale gioia quando mi dissero: andremo alla casa del Signore; ed ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme… Una cosa ho chiesto, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore… Un giorno nei tuoi atri vale più che mille altrove… Era una sorta di dovere e un atto di religione, oltre che una sincera ammirazione estetica, quello che portava i pellegrini a lodare le belle pietre e i doni votivi che adornavano il tempio.
Di fronte a questo, le parole di Gesù dovettero suonare come una vera e propria doccia fredda:
Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta (Lc 21,5-19).
Ora, noi sappiamo che la predizione di Gesù si realizzò una quarantina d’anni dopo, nell’anno 70, ad opera dell’imperatore Tito. Questo significa che la cosa non ha più per noi alcun interesse, al di là di quello storico?
No di certo! Qui si parla della distruzione delle cose più belle e più sacre: tutto ciò che è “costruzione” sarà soggetto a “distruzione”! Tutto passa. Tutto è in cammino verso un tempo definitivo.
Si comprende anche la curiosità manifestata dagli ascoltatori: quando avverrà? e come? e quale sarà il segno che ciò sta per avvenire? Certo, anche noi, se Gesù ci dicesse che la nostra casa sarà distrutta o che della nostra chiesa non rimarrà pietra su pietra, come minimo gli chiederemmo quando e come.
La curiosità infantile dei discepolo è presente anche oggi. Ogni volta che ci arriva la notizia di una nuova guerra o di rivoluzioni, o di cataclismi naturali – terremoti, alluvioni – o di carestie e pestilenze, si sente qualcuno che dice: sono gli ultimi tempi, sta per arrivare la fine del mondo! Proliferano anzi delle sette che fanno proseliti proprio giocando sul terrore religioso:
Badate di non lasciarvi ingannare,
Da millenni ci sono in giro falsi profeti che annunciano una fine prossima: Ci sono stati e ci saranno sempre settari, maestri e discepoli d’errore, ingannati e ingannatori, che fanno calcoli e con i loro annunzi turbano e sviano le folle. Si è voluto spesso calcolare la fine, con punti di partenza e considerazioni in parte assai ridicole. Gli uomini, che vi han creduto, furono ingannati e imbrogliati. Non c’è nessun calcolo possibile. La parola di Gesù suona chiara e tagliente:
Non andate dietro a loro!
Non bisogna farsi ingannare neanche dalle catastrofi. Ci sono sempre, come afferma Gesù, guerre e rivoluzioni, conflitti di nazione contro nazione, di regno contro regno. A queste catastrofi della storia si aggiungono le catastrofi naturali: terremoti, fame, pestilenze… Gesù sottolinea:
Non è subito la fine.
Tutti questi eventi in realtà sono segni che tutte le cose finite finiscono. Però non sono prodromi di fine prossima di tutto!
Neanche la persecuzione della Chiesa è segno della fine. Tali persecuzioni sono avvenute, avvengono e avverranno; Gesù le predice con tutta la chiarezza desiderabile. Getteranno i discepoli in carcere e li trascineranno davanti a re e principi; saranno abbandonati e accusati dai propri parenti. La parola di Gesù contiene la profezia inaudita e sconvolgente:
Sarete odiati da tutti a causa del mio nome.
E tutti ci rendiamo conto di quanto siano attuali queste parole oggi, quando nel mondo essere cristiani è motivo sufficiente per essere perseguitati.
Ma neanche questo deve gettarci nell’inquietudine: nell’ora del pericolo, Gesù ci darà parola e sapienza, ed avremo così occasione di dare testimonianza. Dio sarà nostra protezione, e, se perseveriamo e resistiamo, secondo la parola di Gesù, nemmeno un capello del nostro capo andrà perduto.
Cosa significa? Forse che il Signore non permetterà che soffriamo o che veniamo uccisi? Una schiera immensa di martiri santi sta lì a testimoniare il contrario e, a capo di questa schiera, sta Gesù crocifisso! Nondimeno l’aiuto del Signore sarà potente per mezzo della luce e della forza interiore che ci consentirà di rendergli testimonianza. Il Signore non ci dice che non moriremo: ci promette che risorgeremo!
La persecuzione della Chiesa non è un segno della fine vicina. Tutte queste cose, la comparsa di falsi profeti, l’irruzione di catastrofi, la furia delle persecuzioni, ci sono sempre state e ci saranno sempre nel corso della storia. Appartengono alla vita del pianeta, dell’umanità e della Chiesa di Cristo; non sono perciò segno di qualcosa di straordinario e d’insolito, non sono prova di una fine imminente.
Da cristiani dobbiamo avanzare in mezzo a tutte queste difficoltà, angustie e lotte, impressionati certamente, ma non inquieti. Non ne siamo sorpresi, giacché Cristo ce l’ha predetto. Ma non ne siamo neanche sopraffatti, perché le affrontiamo con la forza di Gesù.
Nessun terrore, dunque. Il terrore è segno di cattiva coscienza!
Il profeta Malachia (3,19-20) e il Salmo 98 (97) esprimono un’attesa piena di speranza da parte di coloro che temono Dio e desiderano la sua giustizia. Il giorno del Signore segnerà la distruzione dell’ingiustizia nelle sue radici e nei sui germogli, la distruzione degli oppressori. Dobbiamo allora chiederci: noi da che parte stiamo?
Se stiamo dalla parte degli oppressori ci preoccupiamo del quando del come, dei segni, per trovare qualche stratagemma e sottrarci al giudizio di Dio. Se invece siamo dalla parte degli oppressi, Risolleviamoci e alziamo il capo, perché la nostra liberazione è vicina (Lc 21,5-19).
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