La storia narrata all’inizio del capitolo 19 del Vangelo di Luca può essere letta assumendo tre diversi punti di vista: quello della folla, quello di Zaccheo e quello di Gesù.
La folla
Cominciamo dalla folla: che cosa vide quel giorno, in cui Gesù attraversava Gerico? Tutti si accalcavano per vedere Gesù, e dietro la folla si scorge persino Zaccheo, l’uomo più odiato della città: “Capo dei pubblicani e ricco”. I pubblicani sono tutti corrotti, infami, ladri, spie… Lui è il capo di tutti! E per di più è basso di statura. Appare come una figura grottesca e ripugnante. La gente lo vede muoversi qua e là, alzarsi in punta di piedi, cercarsi un varco… Non vi riesce, e allora “corre avanti e, per poterlo vedere”, arriva perfino ad arrampicarsi su di un albero. Immaginate: coi vestiti lussuosi, un tipo come lui, un’autorità…! È comico!
Ma poi la gente vede Gesù che si ferma proprio sotto quell’albero, che rivolge la parola a quell’uomo ridicolo ed odiato, che addirittura va ad alloggiare da lui, da un infame! Ma che razza di maestro è questo Gesù? Che razza di profeta?
Zaccheo
Passiamo però dal punto di vista di Zaccheo. Egli sa di essere un uomo ricco, potente e temuto. È quasi un nano, sì, ma ha saputo vendicarsi degli “occhi e le battute della gente” (De Andrè): è diventato un’autorità. Sembrerebbe del tutto autosufficiente. Però quel Gesù lo incuriosisce. Lo vuole vedere. E la voglia di vederlo, che lo porta a vincere ogni senso della sua propria dignità, ogni timore del ridicolo: va ad arrampicarsi come un monello su un sicomoro!
Ma quando Gesù arriva sotto l’albero succede qualcosa di inaspettato: fino a quel punto era Zaccheo che voleva vedere, ora è Gesù che alza lo sguardo: il vedere si trasforma in essere visto. Il ricco capo dei pubblicani sente su di sé lo sguardo di Cristo. È un attimo, ma un attimo eterno. Tutta la vita di Zaccheo è sotto quello sguardo. Zaccheo si sente colto, come si può cogliere il frutto dell’albero. Colto in quell’atteggiamento buffo, sui rami di un sicomoro coi suoi vestiti di lusso. Come si sarà sentito in quel momento? Come avrà valutato la sua vita fino a quel punto, i suoi peccati, i suoi imbrogli, le sue violenze?
E a questo punto ha la sorpresa inaudita di sentire che Gesù gli rivolge anche la parola, lo chiama per nome, si invita addirittura a casa sua.
La frenesia del curioso Zaccheo si trasforma nella fretta del nuovo Zaccheo, “pieno di gioia”. Pieno di gioia, perché ha avuto il coraggio di svuotarsi di sé ed accogliere Cristo. La sua vita è trasformata: da oppressore dei poveri diventa generoso fino all’estremo: dà metà dei suoi beni ai poveri; da imbroglione diventa giusto: restituisce quattro volte tanto!
Gesù
Con tanta gente intorno, il suo sguardo si rivolge proprio a quell’uomo maledetto da tutti. Con tante case per bene nelle quali trovare accoglienza, sceglie proprio la casa di quel peccatore. Perché
“Il Figlio dell’Uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Mentre tutti in Zaccheo non vedono altro che il peccatore, Gesù vede il figlio di Abramo, perché questi – non ostante tutto – dimostra di avere la fede di Abramo: è alla ricerca, è disposto ad accogliere, è pronto a trarre tutte le conseguenze pratiche della salvezza ricevuta. La salvezza è entrata nella sua casa nella persona di Cristo: questo figlio di Abramo che era perduto ha capito di essere cercato e salvato dal Figlio dell’uomo.
E noi?
Possiamo identificarci in Zaccheo? Abbiamo dentro di noi quest’ansia di vedere Gesù, che ci porta a rischiare anche il ridicolo pur di incontrarlo? O abbiamo timore del fatto che Lui ci può guardare, si può invitare a casa nostra, cosicché la nostra vita deve cambiare radicalmente per far entrare la salvezza? Abbiamo sperimentato (desideriamo sperimentare) la gioia della salvezza?
Oppure ci identifichiamo con la folla, che giudica il peccatore, condanna il Salvatore e rimane fuori dalla salvezza?
Chiediamo al Signore di darci lo sguardo di Gesù, la capacità di guardare gli altri con l’amore di Dio, che vede non solo ciò che essi sono, ma anche e soprattutto ciò che possono diventare se incontrano la sua grazia.
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XXXI Domenica T.O. Anno C 2019
Spesso ci capita di sfiorare e oltrepassare il ridicolo, ma non ne siamo coscienti. Lo facciamo quando ci arrampichiamo sopra un muro, sopra un albero o addirittura sopra un tetto per veder passare ciclisti in gara o vip del cinema e della televisione. Ci capita di infilarci in uno stadio urlante per vedere una partita di calcio, ecc.. Zaccheo, invece di andare in una arena a seguire una lotta selvaggia fra schiavi, preferisce salire sopra un albero (nonostante le critiche) per vedere una persona di cui tanti ne parlavano bene (i ciechi vedevano, i sordi udivano, gli storpi camminavano…). A volte passiamo davanti ad una Chiesa e sentiamo il desiderio di entrare, ed anche se la fretta ci spinge altrove ci fermiamo. Zaccheo ha sentito l’urgenza di salire su di un Sicomoro perché aveva un appuntamento, non era scritto in rubrica, ma ha lasciato tutti gli altri impegni per non perdere l’occasione. la voce del cuore, spesso, supera il richiamo di desideri perversi.
Pensi che questa riflessione possa essere attinente all’argomento trattato?
Penso proprio di sì. Grazie, Giovanni!