Molti pensano che i santi siano degli esseri intermedi tra Dio e gli uomini, una sorta di semi-dèi capaci di influenzare in qualche modo le vicende umane. Per altri, i santi sono persone dotate di superpoteri: fanno miracoli, prevedono il futuro e cose di questo genere…
Se però andiamo alla Sacra Scrittura, vediamo che “il Santo” è Dio, che Gesù Cristo è “il Santo di Dio”, che noi tutti siamo chiamati santi perché abbiamo ricevuto lo Spirito Santo.
L’idea biblica della santità indica anzitutto una separazione da ciò che è mondano, esprime ciò che è sacro in contrapposizione a ciò che è profano. Le cose sante sono quelle “diverse da quelle comuni”. Dio è il santo, perché è totalmente altro rispetto a tutte le creature, perché è perfezione totale di unità, verità, bontà e bellezza. Tuttavia – e questo secondo passaggio è fondamentale – Dio comunica la sua santità alle persone, ai luoghi e agli oggetti che rende “santi”. La parola santa, il luogo santo, la liturgia santa, hanno il potere di aprire il cuore degli esseri umani affinché essi ricevano lo Spirito Santo che è la santità stessa di Dio effusa nei cuori.
La santità è essenzialmente partecipazione alla vita di Dio. Essa ha – per così dire – un duplice movimento: nel suo momento negativo è separazione dal mondo e dalla sua mentalità; nel suo momento positivo è “comunicazione” alla vita di Dio-Amore.
- La mentalità del mondo si chiama successo, linguaggio politically correct, banalità. Il cristiano deve (e quindi può) essere “alternativo” a tutto ciò: l’appiattimento sul mondo è “profanazione”. Giovanni chiama tutto ciò che è nel mondocon tre brevi espressioni: concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita (1 Gv 2, 16). La concupiscenza della carne è la brama di godere, la concupiscenza degli occhi è la brama di avere, la superbia della vita è la brama di potere, l’indipendenza da Dio, fondata sulla presuntuosa autosufficienza dell’uomo ricco e sazio. Si può essere santi solo nella misura in cui ci si “separa” da ciò e si pongono dei segni concreti della propria diversità.
- Ma questo è solo il momento negativo. In positivo la santità è comunione con Dio-Amore. “Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!”(1 Gv 3, 1) . Ecco cosa significa essere santi: essere figli di Dio. Siamo realmente figli di Dio! Non si tratta di una metafora: il cristiano vive della stessa vita di Dio: “Dio è amore e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1 Gv 4, 16). Se il Padre si manifesta come “amore”, l’uomo figlio di Dio sarà colui che, entrando in relazione con Dio, parteciperà di questo amore del Padre
Allora possiamo tranquillamente dire che la santità non è altro che carità: chi ama partecipa alla vita stessa di Dio. E i santi – cioè coloro che amano in questo modo – sono un segno vivente dell’amore di Dio.
Chi sono dunque i santi? Sono quelli che amano, che rimangono nella carità! Solo sulla base della carità si può giudicare della santità.
Allora vediamo come è utile accostarci ai santi – ma non tanto per chiedere grazie e miracoli, quanto per imparare dal loro esempio cosa significa che Dio ci ama e in che modo dobbiamo amarci gli uni gli altri.
Guardando le loro vite, scopriamo uomini e donne con tutte le nostre fragilità, debolezze, inconsistenze, limiti… che però nelle loro povertà hanno vissuto la pienezza della carità. Questo significa che anche per noi il cammino è possibile: possiamo anche noi “separarci” dalla logica del mondo e accogliere nella nostra povertà l’amore che viene da Dio.
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