In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (Lc 15,1).
Quando ascoltiamo una storia, spesso in noi scatta un meccanismo un po’ infantile: ci identifichiamo con “i buoni” e prendiamo posizione contro “i cattivi”. Già. Ma chi sono i cattivi e chi sono i buoni? Per noi cristiani di lunga data è spontaneo pensare che i farisei e gli scribi sono “i cattivi” (gente dal cuore duro!), che chiudono la porta in faccia ai “buoni”, che sarebbero i pubblicani e i peccatori (poverini!). Ed è sottinteso che noi siamo i buoni, noi stiamo dalla parte dei buoni.
Ah, sì? Che ne direste di un prete che mangia con i mafiosi? E se lo vedeste parlare con una prostituta? E se accogliesse un pedofilo? Se si facesse vedere in compagna di politici corrotti?
Eh, com’è facile rapportarci a “i peccatori” in astratto e com’è difficile farlo con le persone vere, con le persone che fanno del male! Perché questo significa “peccatori”: gente che fa del male, gente che provoca dolore ad altra gente.
Vedete cosa ci capita? Che siamo indulgenti verso “il peccato” in astratto (misericordia per tutti! non condannare mai! non giudicare!), e però siamo giustizialisti verso i peccatori concreti (scomunicarli! cacciarli fuori!). Facciamo esattamente il contrario di quello che fa Gesù, che condanna il peccato con parole durissime, ma accoglie i peccatori con amore infinito. Noi invece abbiamo perso il senso del peccato e vogliamo la distruzione dei malfattori. Siamo l’anticristo.
Oh, com’è comodo questo atteggiamento! Non devi nemmeno metterti alla ricerca della pecora smarrita, perché le tue teorie giustificano lo smarrimento: infondo la pecora ha fatto bene ad andarsene dall’ovile se così “sentiva di fare”; è andata dove l’ha portata il cuore… Comodo pensarla così, perché mi libero dalla responsabilità di lavorare per lei.
Dio però, non è così! Dio ama le persone una per una. E odia il peccato, perché il peccato distrugge le persone.
Ne abbiamo un esempio nel libro dell’Esodo (32,7-14):il discorso di Dio di fronte all’idolatria del popolo è duro, perché Mosè comprenda la gravità del peccato. Ma Mosè comprende anche un’altra cosa: che Dio ama il popolo, che lo considera come sua proprietà, come cosa preziosa, e non vuole la sua distruzione: è il suopopolo, che luiha fatto uscire dall’Egitto.
Così l’insegnamento del Signore nel vangelo: davanti agli scribi e i farisei che volevano cacciare, escludere, distruggere i pubblicani e i peccatori che andavano da lui, Gesù afferma che questi peccatori sono sua proprietà, che sono preziosi per lui e per il Padre. Così il pastore della prima parabola, cerca la sua pecora smarrita perché è sua, e fa festa quando la ritrova. Così la donna della seconda parabola, cerca la sua moneta perché è sua, è preziosa, ci tiene a quella moneta. Così Dio cerca ogni uomo peccatore, perché ogni uomo è proprietà di Dio, è prezioso: per questo c’è festa grande nel cielo per ogni peccatore che si converte.
Possiamo allora leggere anche la parabola del figlio prodigo in questa luce: il padre attende, corre incontro, abbraccia, bacia il figlio perduto perché è suo, fa festa perché era perduto ed è stato ritrovato.
E il dialogo tra il padre e il figlio maggiore è particolarmente significativo. Se ci fate caso, è l’opposto del dialogo di Dio con Mosè: lì Dio dice: non posso perdonare al tuopopolo; Mosè risponde: devi perdonare perché è tuoil popolo; qui Il figlio maggiore dice: non devi perdonare al tuofiglio; il padre risponde: non è soltanto miofiglio, perché tutto ciò che è mio è tuo!. Io gli perdono e faccio festa perché è mio figlio; ma anche tu devi perdonare e fare festa, perché è tuo fratello.
Da quanto detto mi pare si possano trarre due conclusioni:
- La prima la ascoltiamo da san Paolo in 1Tm 1, 12-17: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, non i giusti quindi. E– continua Paolo – di questi il primo sono io. Se riconosciamo i nostri peccati – come fa san Paolo, che si accusa di essere stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento– se ci riconosciamo peccatori, la grazia di Cristo sovrabbonda in noi e ci salva. Se invece ci riteniamo senza peccato o ci auto-giustifichiamo dicendo che, in fondo, il peccato non è poi male, rischiamo la fine degli scribi e dei farisei ipocriti.
- E la seconda conclusione è questa: se siamo figli di Dio, abbiamo tanti fratelli quanti sono i figli di Dio. Fratelli dei quali dobbiamo farci carico. Altrimenti siamo nella condizione del figlio maggiore, che si auto-esclude dalla festa del Padre. Quindi ogni volta che vediamo un uomo vittima del peccato dobbiamo farcene carico come il buon pastore si fa carico della pecora smarrita.
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XXIV Domenica T.O. Anno C 2019
Un dovere che spesso trascuriamo è prenderci cura dei fratelli. Siamo più pronti a giudicarli, a restare indifferrenti di fronte ai loro problemi. Quante volte sentiamo bestemmiarre, parlar male di qualcuno, o vediamo fratelli poveri materialmente e non facciamo niente. Una buona parola, un sorriso, una preghiera, un aiuto concreto, anche se ci costano aiuteranno i nostri fratelli e noi stessi, perché il bene che facciamo agli altri si riverserà abbondantemente su di noi. Signore, donaci un cuore capace di amare!