Gesù entra in un villaggio e viene accolto nella casa di una donna di nome Marta (Lc 10, 38).
Il tema dell’accoglienza, dell’ospitalità è anche al centro del racconto di Gen 18, 1-10, che ci mostra Abramo e i tre misteriosi messaggeri. Abramo non poteva pensare che aveva a che fare con Dio, tuttavia accoglie gli ospiti, perché sa che in ogni uomo c’è l’immagine di Dio, e soprattutto nello straniero, nel pellegrino, nel debole. E poi gli accade di incontrare davvero Dio faccia a faccia in quegli uomini e di ricevere la più grande delle benedizioni: un figlio. Il fervore e la premura di Abramo sono impressionanti: Abramo corre, si affretta e, con lui, Sara e il servo sono in pieno movimento. E quando i tre ospiti sono a mensa, lui non sta seduto, ma in piedi, in atteggiamento di disponibilità al servizio.
Lo stesso movimento pervade la casa di Marta e Maria quando entra Gesù, ma è soprattutto Marta ad essere coinvolta in tutta la rete dei preparativi (Era tutta presa dai molti servizi). Maria invece sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola.
Non è difficile immaginare il tono con cui Marta si ferma davanti a Gesù e gli dice:
“Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”.
Marta non ha dubbi su cosa significhi accogliere: significa fare i servizi di casa. Da buona padrona, Marta si è fatta un piano di lavoro e per lei “accogliere” significa mettere in opera quanto ha pensato. Così non pensa di aver bisogno di ascoltare Gesù Maestro: è lei che insegna! Così non pensa di doversi mettere in obbedienza al Signore, anzi, è lei che dà ordini, anche a Gesù!
Marta presta un’accoglienza acida. Non fraterna. Marta è il prototipo della persona efficiente. Talmente efficiente che si dimentica di ascoltare! Presa, agitata e smembrata da tutte le cose che si devono fare, perché lei conosce il suo dovere, lo sa già! A che pro ascoltare, tanto sono cose che si sanno…
Nessuno, meno che mai Gesù, rimprovererebbe Marta, se non fosse lei a prendere l’iniziativa di rimproverare la sorella, anzi, di chiedere a Gesù di intervenire. Per questo dico che è un’accoglienza acida. Più che l’aiuto di Maria, Marta cerca approvazione per sé. In realtà è invidiosa della “parte migliore” che la sorella si è presa. Desidera che il Signore la rimproveri, e così approvi lei, che sa quel che deve fare, lo sa fare e lo fa! Questo riconoscimento della sua bravura sarebbe una gratifica sufficiente per lei – magari unito alla disapprovazione per la sorella…
“Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti affanni per molte cose!”
Principio del servizio di Marta, fin quando non diventa come Maria, è il proprio io[*]. L’io religioso è il più duro a convertirsi, perché non ne sente il bisogno. Si ritiene a posto perché cerca di piacere e sacrificarsi a Dio. Così i servizi saranno anche molti, ma nascono da una sorgente inquinata e perciò sono segnati da turbamento e affanno. Si può arrivare anche a eroismi supremi, si può perfino sacrificare la propria vita per affermare il proprio io: Se anche distribuissi agli altri tutti i mei beni ed offrissi il mio corpo in olocausto, ma non avessi la carità, non sono nulla! (1 Cor 13, 3).
La salvezza dell’uomo non è morire per Cristo, bensì Cristo che muore per lui. La pretesa di essere noi a fare qualcosa per lui è superbia ed è segno di ignoranza: si immagina un Dio cattivo che esiga la vita.
Si può osservare la legge dell’amore solo perché lui per primo mi ha amato e ha dato se stesso per me(Gal 2, 20). Diversamente la Legge (l’obbedienza, la regola, l’accoglienza intesa come “cose da fare”, il servizio) resta una pretesa umana che condanna il fratello e non conosce Dio: serve solo a essere “più bravo” dell’altro e “a posto” con Dio. La stessa vita religiosa diventa un mezzo per affermare se stessi, per difendersi da Dio e comprare il suo amore.
Contro tutti gli affanni, nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza(Is 30, 15). Convertirsi non significa fare-fare-fare, ma abbandonarsi al suo amore per noi, che vediamo e ascoltiamo stando ai piedi di Gesù. E Gesù ci rivela la tenerezza del Padre, l’unica cosa necessaria, che non ci sarà tolta.
[*]Cf. S. Fausti, Una comunità legge il Vangelo di Luca, Bologna 2011, a.l.
L’ha ripubblicato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XVI Domenica T.O. Anno C 2019