“Un dottore della legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?»” (Lc 10, 25).
La domanda del dottore della legge – sulla vita eterna– è la domanda sulla salvezza, cioè l’unica domanda seria in assoluto. Ma non è facile porla correttamente. Qui si individua preliminarmente il carattere di provocazione[*]. Il provocatore ha già in mente la soluzione. E non capita anche a noi di accostarci a Gesù non per ascoltarlo e ubbidirgli, ma solo per sentirci giustificati nel fare quel che vogliamo?
Eppure la domanda in sé – come dicevamo – è assolutamente seria: è la stessa domanda che sarà posta dal giovane ricco in Lc 18, 18ss. Ed anche la risposta di Gesù corrisponde pienamente a quella data al giovane ricco:
“Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”
Gesù non fa altro che ricordargli che il comandamento di Dio è esplicito e chiaro, e che egli lo conosce già. Infatti lo scriba provocatore risponde bene:
“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, ed i tuo prossimo come te stesso”.
A questo, Gesù non aggiunge una sua opinione personale o una “glossa” alla manifesta volontà di Dio. E se colui che ha posto la domanda si trova davanti a Dio in persona, viene con ciò stesso smascherato come uno che tentava di fuggire davanti al manifesto comandamento di Dio, che ha dimostrato di conoscere.
Chi chiede conosce in fondo già la risposta alla propria domanda, ma, insistendo a porla pur conoscendo la risposta, vuole sottrarsi all’obbedienza verso il comandamento di Dio. Non c’è per lui altra possibile indicazione se non: fa’ ciò che sai e vivrai.
Gli è sottratta la prima posizione difensiva. Ne segue una fuga nella polemica: E chi è il mio prossimo?
Quante volte ripetiamo anche noi questa domanda, alla maniera del dottore della legge,anche se in buona fede e senza rendercene conto. A noi sembra una domanda seria, sensata, posta da un uomo in ricerca. E invece l’intera storia del buon samaritano non è altro che il rifiuto e la demolizione di questa domanda da parte di Gesù.
Chi è il mio prossimo? È il mio fratello carnale, il mio connazionale, il mio fratello nella comunità, il mio nemico. . .? Se ci mettiamo a discutere, possiamo, con uguale diritto, affermare o negare l’una e l’altra cosa. La domanda finisce nel dissidio e nella disubbidienza. È una domanda diabolica! È una domanda all’infinito, senza risposta.
Paolo direbbe che questo tipo di domanda nasce “in menti corrotte, private dalle verità”, “prese dalle febbre dei cavilli e delle questioni oziose”; ne derivano “invidie, contese, maldicenze, cattivi sospetti, controversie” (1 Tm 6, 4s). È la domanda delle persone gonfie, “che sempre stanno ad imparare senza mai poter giungere alla conoscenza della verità”, “che hanno le apparenze della pietà, ma ne rinnegano la forza interiore” (2 Tm 3, 5-ss). Sono incapaci di credere e pongono questa domanda perché “sono bollati a fuoco nella loro coscienza” (1 Tm 4, 2), perché non vogliono obbedire alla parola di Dio.
Sì, questa domanda è ribellione verso lo stesso comandamento di Dio. Illudendo me stesso, dichiaro di voler obbedire e do la colpa a Dio che non mi dice come fare. Entro in un atteggiamento satanico, perché accuso il comandamento di Dio di essere ambiguo e di lasciarmi in un eterno conflitto.
La prima domanda dello scriba era già il primo inganno: Che devo fare? Lo sai già! Pratica il comandamento che conosci. Non devi chiedere, ma agire.
La domanda: E chi è il mio prossimo? è l’ultima scappatoia con la quale la disobbedienza giustifica se stessa. La risposta è: Tu stesso sei il prossimo. Va’, e sii obbediente nell’azione dell’amore.
Esser prossimo non è una qualità dell’altro, ma è l’amore concreto che l’altro mi chiede, e nient’altro.
In ogni momento e in ogni situazione, sono io colui a cui sono richieste l’azione e l’obbedienza. Letteralmente non resta tempo per interrogarsi sulla qualificazione dell’altro. lo devo agire e devo obbedire, io devo essere il prossimo dell’altro.
[Per un’ulteriore riflessione sulla liturgia di questa domenica: Se è il nemico a salvarti…]
[*]Cf. D. Bonhoeffer, Sequela, Brescia 1997, pp. 63-ss.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XV Domenica T.O. Anno C 2019