Completato il ciclo della Pasqua, la liturgia ci fa celebrare nella festa di oggi la sintesi della nostra fede: il mistero della Santissima Trinità. La motivazione di questa festa è espressa – come sempre – nell’orazione di Colletta:
“O Padre, che hai mandato nel mondo il tuo Figlio, Parola di verità, e lo Spirito santificatore, per rivelare agli uomini il mistero della tua vita…”
Tutto il Vangelo, dall’Incarnazione alla Pentecoste, non è altro che questo: rivelazione del mistero della vita di Dio. Badiamo bene: questa rivelazione non consiste semplicemente in una notifica di alcune informazioni su Dio – che potrebbe interessare gli studiosi, ma lasciare indifferenti tutti gli altri. Si tratta di una rivelazione della vita, ossia di un coinvolgimento degli uomini nella vita di Dio. Nel libro dei Proverbi (8,22-31) si accenna a questa rivelazione dicendo che la Sapienza divina poneva le sue delizie tra i figli dell’uomo. Accogliere la rivelazione della vita di Dio significa gustare in noi le sue delizie!
Noi abbiamo appreso che la vita di Dio è Amore (cf. 1 Gv 4,8.16). Facciamo attenzione! Il Vangelo ci rivela non solo che Dio ci ama (questo era chiaro anche ai profeti di Israele), ma che Dio, in se stesso, “è” amore, la natura di Dio è amore, ed ogni amore può dirsi tale nella misura in cui rispecchia questo amore assoluto e fondante.
L’amore è una realtà che presuppone delle persone che si amano. Dio è unico, è una sola sostanza, un solo amore. Ma le persone che vivono questo amore sono tre: il Padre, fonte dell’amore, dall’eternità effonde la sua pienezza generando il Figlio, identico al Padre, della sua stessa sostanza, e gli comunica tutto di sé, tranne la proprietà di essere Padre; il Figlio ama il Padre con lo stesso amore con cui è amato, e questo amore che procede dal Padre e dal Figlio come da un unico principio è la persona dello Spirito Santo, della stessa natura del Padre e del Figlio. Dio quindi è uno quanto alla natura, trino quanto alle persone.
In molte religioni Dio viene invocato come “Padre”. Nella religione ebraica – e quindi nell’Antico Testamento – Dio è chiamato Padre in quanto Creatore del mondo; ancora di più Dio è Padre in forza dell’Alleanza e del dono della Legge, per cui il popolo di Israele diventa, per così dire, suo figlio. Ma queste sono soltanto immagini della paternità. Quando viene Gesù, ci rivela che Dio è “Padre” in un senso nuovo e inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore: Dio è eternamente Padre in rapporto al Figlio suo Unigenito, il quale, a sua volta, non è Figlio che in rapporto al Padre: “Nessuno conosce Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). Per questo gli Apostoli annunciano Gesù come “il Verbo” che “in principio era presso Dio”, “il Verbo” che “era Dio” (Gv 1,1); Gesù come “l’immagine del Dio invisibile” (Col 1,15), come l’“irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” (Eb 1,3).
Prima della sua Pasqua Gesù annunzia l’invio di un “altro Consolatore-Difensore”, lo Spirito Santo. Lo Spirito che opera fin dalla creazione, che già aveva “parlato per mezzo dei profeti”, dimora dalla Pentecoste presso i discepoli di Gesù, è in noi per insegnarci ogni cosa, per guidarci alla verità tutta intera (Gv 16,13). In questo modo lo Spirito Santo ci viene rivelato come un’altra Persona divina in rapporto a Gesù e al Padre.
Paolo dice che “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Ora possiamo capire cos’è questo amore che è stato riversato nel nostro cuore nel battesimo: non è un sentimento di Dio per noi, una sua benevola disposizione a nostro riguardo, un’inclinazione, qualcosa, cioè, di intenzionale; è molto di più: è qualcosa di reale! È, alla lettera, l’amore di Dio, cioè l’amore che c’è in Dio, il fuoco stesso che arde nella Trinità e che viene partecipato a noi sotto forma di inabitazione. “Il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14, 23). Noi diventiamo «partecipi della natura divina» (2 Pt 1, 4), cioè partecipi dell’amore divino, poiché Dio è amore; l’amore è, per così dire, la sua natura. Veniamo a trovarci, misteriosamente, come presi dentro il vortice delle operazioni trinitarie. Siamo coinvolti nel moto incessante di donarsi e riceversi a vicenda del Padre e del Figlio, dal cui abbraccio scaturisce lo Spirito Santo che porta poi fino a noi una scintilla di questo fuoco d’amore.
La parola di Paolo: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”, non si capisce a fondo se non alla luce della parola di Gesù: “… perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi”(Gv 17, 26). L’amore che è stato riversato in noi è quello stesso con cui il Padre, da sempre, ama il Figlio, non un amore diverso. È un traboccare dell’amore divino dalla Trinità a noi. Questa è già ora, e sarà un giorno nella vita eterna, la maggiore fonte della nostra beatitudine.
Proviamo a rinnovare, alla luce di questa consapevolezza, anzitutto la nostra preghiera, e vedremo come si rinnoveranno, di conseguenza, tutte le nostre relazioni e la nostra vita.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
Santissima Trinità Anno C 2019
Questa catechesi è bellissima, ma anche molto difficile da comprendere. Don Aldo, potresti spiegarmi in modo semplice cosa significa e come avviene il “moto incessante di donarsi e riceversi a vicenda del Padre e del Figlio, dal cui abbraccio scaturisce lo Spirito Santo”?Grazie di vero cuore.
Non posso spiegartelo – e tantomeno in modo semplice. Il mistero è mistero. Sappiamo “che”, non sappiamo “come”.
Grazie, don Aldo!