Tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto (Lc 23, 48)
Il nostro compito oggi è proprio questo: accorrere allo “spettacolo” della croce, “contemplare colui che hanno trafitto”. E ripensare a quanto è accaduto per cogliere il senso della vita e della morte, per accogliere il vangelo della vita.
Verso mezzogiorno del venerdì santo, il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.
È il simbolo di un grande sconvolgimento che coinvolge tutta la creazione, di una lotta tra le forze del bene e le forze del male, tra la vita e la morte.Questa lotta continua anche oggi, in modo drammatico. La cultura della morte colpisce gridando che la vita di una persona conta qualcosa solo quando è efficiente, produttiva, piacevole; altrimenti va scartata, negata, uccisa.
Sembra che la morte sia più forte: il sole si eclissa, si fa buio… Ma in quest’oscurità lo splendore della Croce non viene sommerso. Anzi, la Croce si staglia ancor più nitida e luminosa e si rivela come il centro, il senso e il fine di tutta la storia e d’ogni vita umana.
Gesù è inchiodato sulla croce e viene innalzato da terra. Vive il momento della sua massima “impotenza” e la sua vita sembra totalmente consegnata all’indifferenza della gente, agli scherni dei suoi avversari e alle mani dei suoi uccisori:
Il popolo stava a vedere, i capi invece lo deridevano… anche i soldati lo deridevano.
Eppure, proprio di fronte a tutto ciò, e visto ciò che era accaduto, il centurione romano esclama:
«Veramente quest’uomo era giusto».
Si rivela così, nel momento della sua estrema debolezza, la potenza della giustizia di Cristo: sulla croce si manifesta la sua gloria!
Con la sua morte, Gesù illumina il senso della morte di ogni essere umano. Prima di morire, Gesù prega il Padre invocando il perdono per i suoi persecutori. E al malfattore, che gli chiede di ricordarsi di lui nel suo regno, risponde:
«In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
La morte di Gesù è salvezza per noi, è dono di vita, di resurrezione. Lungo la sua esistenza, Gesù aveva donato salvezza anche sanando e beneficando tutti. Ma i miracoli, le guarigioni e le stesse risurrezioni erano segno di un’altra salvezza: il perdono dei peccati e l’elevazione dell’uomo alla vita stessa di Dio. E questo avviene nel momento della sua massima debolezza: quando i suoi piedi non possono muoversi per le strade, quando le sue mani non possono toccare, quando il suo corpo è rigido, freddo, inchiodato sul legno.
In questo Gesù ci fa capire che il valore di una vita umana non sta nella sua efficienza, nella capacità di lavorare o di produrre ricchezza. Il valore di una vita umana sta nella gloria di Dio che vi si manifesta. Allora anche la vita dell’handicappato grave, anche la vita ancora nascosta nel grembo della madre, anche la vita del malato terminale ha un valore sconfinato, intangibile.
Nel momento supremo, Gesù grida
«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò.
Con la parola “spirò”, la morte di Gesù è descritta come quella di ogni essere umano. Però questa morte non è vana, il suo spirito non è disperso: è consegnato, donato nelle mani del Padre, che lo fa ritornare come dono di salvezza a tutti gli uomini.
In questo modo Gesù proclama che la vita raggiunge il suo centro il suo senso e la sua pienezza quando viene donata.
La meditazione a questo punto si fa lode e ringraziamento e, nello stesso tempo, ci sollecita ad imitare Gesù e a seguirne le orme.
Anche noi siamo chiamati a dare la nostra vita per i fratelli, realizzando così in pienezza di verità il senso e il destino della nostra esistenza. Lo potremo fare perché Tu, o Signore ci hai donato l’esempio e ci hai comunicato la forza del tuo Spirito. Lo potremo fare se ogni giorno, con Te e come Te, saremo obbedienti al Padre e faremo la sua volontà. Concedici perciò di ascoltare con cuore docile e generoso ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Impareremo non solo a “non uccidere” la vita dell’uomo, ma a venerarla, amarla e servirla.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
Domenica delle Palme Anno C