La festa della Santa Famiglia, quest’anno, ci invita a riflettere su un tema cruciale: cosa significa essere genitori? cosa significa essere figli?
La prima figura che ci viene incontro è Anna (1 Sam 1, 20-28), sposa amata di Elkanà, ma sterile. Tutta la vita aveva pregato e offerto le sue umiliazioni per avere un figlio. Finalmente viene esaudita e nasce Samuele:
“Al Signore l’ho richiesto”.
Ci immagineremmo che da quel momento in poi la madre custodisse il figlio come un tesoro geloso. E invece dopo averlo svezzato va a lasciarlo nel tempio di Silo. Che senso ha? Perché darsi tanta pena per avere un figlio se poi se ne separa? Evidentemente Anna non era mossa dal desiderio di colmare un vuoto affettivo, non dal bisogno di avere un sostegno nella vecchiaia. Se aveva tanto desiderato di essere madre è per dare frutto e, così facendo, dà gloria a Dio:
“Egli è richiesto per il Signore”.
Il frutto va desiderato, va chiesto, va maturato, ma non trattenuto: quando è maturo va donato.
La seconda figura in cui ci imbattiamo è quella di Maria e Giuseppe (Lc 2, 42-52). Essi, da buoni israeliti, si recavano ogni anno a Gerusalemme per la Pasqua: come tanti altri, vanno nella casa del Signore per la festa e poi si incamminano per ritornare nelle proprie case. Gesù invece resta nella casa del Padre suo. Sembra una ragazzata. Fatta per motivi sublimi, ma pur sempre una ragazzata: non tiene conto delle conseguenze? Non capisce quanta sofferenza costa per i suoi genitori?
“Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io angosciati ti cercavamo”
Ci chiediamo anche noi: perché? Perché i suoi genitori capiscano che deve occuparsi delle cose del Padre suo. Si dirà: ma lo sapevano già! Una cosa è “sapere” in teoria, altra cosa è comprenderlo col cuore. E infatti, nota l’evangelista:
“Essi non compresero ciò che aveva detto loro”.
Persino Maria ha bisogno di meditare a lungo sulla faccenda:
“Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore”.
Quel figlio è figlio suo, ma è Figlio di Dio. Non appartiene né a lei né a Giuseppe, ma al Padre suo.
Noi moderni siamo forse ben disposti a pensare che i figli non appartengono ai genitori. Ma riteniamo che essi appartengano a se stessi. Per cui l’alternativa è: o stare sottomessi ai genitori oppure ribellarsi. E invece non è questo che ci insegna il Signore. I figli appartengono a Dio.
Oggi il rapporto genitori-figli è fortemente sbandato. Guardiamoci intorno:
In un certo tipo di famiglia i genitori pensano solo al benessere materiale: l’educazione è delegata alla scuola (che non è capace di realizzarla, si sa, ma si fa finta di niente) la crescita nella fede è delegata alla Parrocchia (ma un catechista che vede venti bambini per un ora a settimana, come può incidere su chi, per tutto il resto del tempo, riceve messaggi contrari?). Così figli crescono come estranei, a volte si sbandano, si perdono… E poi i genitori si lamentano, quando però è troppo tardi.
In altre famiglie, i genitori sono incantati dalla bellezza, dall’intelligenza, dalla dolcezza dei figli… E hanno paura di perdere il loro affetto. Così li lasciano fare ciò che vogliono. Mai un rimprovero, mai una punizione. Anzi, non sia mai i maestri o i professori li richiamano per qualche comportamento sbagliato! Rischiano di essere malmenati. Così i figli crescono viziati, degenerati. Finché sono piccoli pensano di essere loro il centro del mondo, di essere onnipotenti. Poi, quando la vita li farà scontrare con le difficoltà del mondo reale, saranno dei disperati.
Perché tutto questo? Perché abbiamo sovvertito l’ordine dei rapporti. La festa di oggi ci insegna a rimettere ordine nella nostra vita, nella vita delle nostre famiglie. E mettere ordine significa mettere Dio al primo posto.
Anna ci insegna che la maternità è un dono di Dio. I figli sono del Signore, non dei genitori o di se stessi. Gesù, all’età di dodici anni, ha messo questo fatto in chiaro con Maria e Giuseppe: egli deve occuparsi delle cose del Padre suo. Stabilito questo principio, Gesù può tornare a Nazaret con i suoi, e il Vangelo ci dice:
“Stava loro sottomesso”.
Certo, sottomesso a Maria e Giuseppe perché anche loro stavano sottomessi a Dio! Quanti genitori si lamentano che i figli non ubbidiscono! Ebbene, questi genitori ubbidiscono a Dio? Cominciassero loro a dare il buon esempio, a mettere Dio al primo posto nella loro vita! Cominciassero loro a comportarsi da veri figli di Dio (1 Gv 3, 1-24)
“osservando i suoi comandamenti e facendo quel che è gradito a lui”.
E vedranno che anche i figli impareranno il giusto ordine delle cose.
Il Vangelo di oggi si conclude dicendo:
“Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
Questo è l’augurio per tutte le nostre famiglie: che genitori e figli, mariti e mogli, anziani e giovani possano tutti crescere in sapienza e grazia, mettendo Dio al primo posto, subordinando a Dio la propria vita e ordinando tutto alla Sua gloria. Questo è il segreto della felicità vera per le nostre famiglie.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
Sacra Famiglia 2018 Domenica in fra l’Ottava di Natale Anno C
Grazie. É verissimo… Il pensiero e la riflessione.