Viviamo, ma a volte ci rendiamo conto che la nostra vita non è perfettamente realizzata. Avvertiamo che da qualche parte – in una qualche attività o condizione – c’è una sorta di pienezza, di ricchezza; lì la vita è cioè più piena, più ricca, più profonda, più degna, più ammirevole, più “come dovrebbe essere”. Per alcuni si tratta di un’aspirazione vaga, per altri è invece un invito ad entrare in rapporto con Dio, è una ricerca di vita eterna.
L’uomo ricco che ci viene presentato in Mc 10, 17-31 è mosso proprio da questa ricerca. Egli dimostra una grande stima per Gesù: gli corre incontro, si prostra in ginocchio davanti a lui, lo chiama “maestro buono”, e pone a lui la domanda più importante di tutte: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna?”.
Gesù, anzitutto, lo invita a prendere coscienza del significato di questi suoi gesti e delle sue stesse parole: Tu ti rendi conto che soltanto Dio è buono?
Bene! Allora tu sai che Dio ha dato alcuni precisi comandamenti che bisogna seguire per avere la vita eterna: Tu conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre. E l’uomo risponde che quelle cose lui le ha osservate sempre.
Ma attenzione! Gesù ha fatto un elenco di comandamenti in cui, volutamente, manca qualcosa. Qual è il comandamento che manca? Manca addirittura il primocomandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze”! Perché Gesù non menziona il primo comandamento? Perché è facile dire a parole: “Io amo Dio”… Gesù invece pone quell’uomo (e tutti noi) alla prova dei fatti.
Anzitutto Gesù lo fissa con amore, con espressione di simpatia affettuosa, e gli domanda: per amore di Dio, sei disposto a vendere tutto quello che hai e darlo ai poveri per venire dietro di me? Qui concretamente si vede se ami Dio con tuttoil cuore, con tuttala mente, con tutte le forze; qui si vede se Dio è veramente al primoposto nella tua vita, o se al primo posto vi sono le tue ricchezze. Ma qui si vede anche se ami il prossimo: vuoi tenere le tue ricchezze per amore di te stesso, o sei disposto a soccorre la miseria dei poveri? Gesù l’aveva già detto: “Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6, 21).
Come abbiamo visto, la storia finisce male, perché quell’uomo si rese conto di amare le sue ricchezze più di quanto amasse Dio.
E noi? Se il Signore ci chiedesse (non lo chiede a tutti, ma ammettiamo per ipotesi che lo chiedesse a te ora): “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi”, che faresti? Preferiresti andartene via afflitto, verso i tuoi beni, o lasceresti tutto pur di entrare con Gesù nella gioia?
Gesù dice che assai difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel Regno di Dio, e lo fa volgendo lo sguardo sui suoi discepoli, perché capiscano bene che non si tratta di giudicare quell’uomo o i ricchi in genere, ma che è di loro stessi che si tratta. Lo fa chiamandoli figli, perché capiscano che sono parole d’amore quelle che rivolge loro. E affinché i suoi discepoli si stàmpino bene in mente questo insegnamento, usa un’immagine paradossale: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.
I discepoli sono stupiti e costernati davanti a queste parole: è tipico di certi uomini religiosi considerare l’obbedienza a Dio come un mezzo per ottenere il benessere terreno, ed i Giudei erano abituati a considerare ricchezza e prosperità come segni della benedizione divina… Invece Gesù rovescia completamente questo modo di pensare: la ricchezza non facilita le cose, anzi le complica terribilmente! I discepoli di Gesù non erano certamente dei ricconi, ma il loro sconcerto dimostra che hanno capito la lezione: non è solo la quantità delle ricchezze, esistono anche altri ostacoli che rendono impossibile l’ingresso nel Regno, e sono tutte le cose, le relazioni, gli affetti che ci tengono attaccati e ci impediscono di amare Dio “con tuttoil cuore”.
Chi, dunque, può salvarsi? Umanamente, nessuno! Ma quello che è impossibile agli uomininon lo è a Dio, perché tutto è possibile a Dio. Dunque non ci viene chiesto di compiere chissà quali gesti eroici di rinuncia, con la presunzione di farcela perché siamo bravi… Ci viene richiesta una piena fiducia nell’amore che Dio ha per noi e la totale disponibilità ad andare dietro a Gesù, senza anteporgli nulla.
La sua promessa è grande: avremopersecuzioni, ma non ci mancheranno né casa, né fratelli, sorelle, madre, figli o campi, perché Dio ci darà cento volte tanto: è un Padre che ha cura di noi. L’importante è che noi desideriamo soltanto lui e la vita eterna nel mondo che verrà.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
XXVIII domenica T.O. Anno B