Le prime parole di Gesù registrate dal Vangelo di Giovanni sono una domanda: Che cosa cercate?
È la domanda che chiunque si avvicina a Gesù si sente porre. E chi si è formato all’ascolto della Bibbia sa anche qual è la risposta giusta: “Una cosa sola io cerco: abitare nella casa del Signore” (Sal 27, 4). Per questo i discepoli rispondono, a loro volta, con una domanda: “Rabbi, dove abiti?”.
Gesù non dà una risposta teorica: indica un percorso concreto: Venite e vedrete. E i discepoli andarono, videro e rimasero. Ecco cosa significa diventare discepoli di Gesù. Non è un fatto burocratico o scolastico. È un incontro di persone; è lo stabilirsi di una conoscenza, amicizia e familiarità, destinate a durare una vita, anzi, un’eternità. Gesù li invita semplicemente a stare con lui.
Ed ecco come da un incontro personale nascono subito altri incontri personali, e chi ha conosciuto Gesù lo fa conoscere ad altri, come fa Andrea con Pietro.
Questo significa essere discepoli di Gesù: non si tratta primariamente di seguire una dottrina, ma di stare con una persona! Quindi l’annuncio di questa persona, Gesù Cristo, ed il rapporto con lui, è l’unico fondamento, l’essenza stessa del cristianesimo. Quando si mettono le dottrine e gli obblighi, anche quelli del vangelo, prima della scoperta di Gesù, si mettono i vagoni davanti alla locomotiva che dovrebbe trascinarle. È la persona di Gesù che apre la strada all’accettazione di tutto il resto. Chi ha conosciuto una volta il Gesù vivente non ha più bisogno di essere spinto; è lui stesso che arde dal desiderio di conoscere il suo pensiero, la sua volontà, la sua parola, e di realizzarla con la propria vita.
A questo riguardo, esiste un problema assai serio nel mondo di oggi: mentre le grandi istituzioni religiose registrano un preoccupante calo di fedeli, si assiste ad un proliferare di piccole comunità di risveglio, talvolta addirittura gruppi e sette. Se si prova ad osservare un po’ da vicino il fenomeno, si nota che, in genere, lì i fedeli sono attratti da una predicazione più semplice e immediata che fa leva tutta quanta sull’accettazione di Gesù come Signore e salvatore della propria vita. Il fascino di questo tipo di predicazione sulla gente è notevole e non si può dire che sia sempre un fascino superficiale ed effimero, perché cambia spesso la vita delle persone.
Noi continuiamo a presentare la nostra grande ricchezza e complessità di riti, di devozioni, di dottrina e di impegno morale, ma abbiamo di fronte una società che ha smarrito in gran parte la propria fede cristiana e che ha bisogno, perciò, di ricominciare da capo, cioè dalla riscoperta di Gesù Cristo.
È come se mancasse ancora lo strumento adeguato per questa nuova situazione, in atto in diversi paesi cristiani. Anche noi preti siamo più preparati a fare i “pastori”, che non a fare i “pescatori” di uomini; cioè più preparati ad assistere le persone che sono rimaste fedeli alla Chiesa, che non a portare ad essa nuove persone o a “ripescare” quelle che se ne sono allontanate. E quando proviamo a “pescare” l’esca che usiamo non è adatta, perché facciamo affidamento su mezzi umani che lasciano il tempo che trovano.
Questo fa vedere il bisogno urgente che abbiamo di un’evangelizzazione che, pur essendo “cattolica”, cioè aperta a tutta la pienezza della verità cristiana, sia anche semplice ed essenziale, il che si ottiene facendo di Gesù Cristo il punto iniziale e focale di tutto, colui dal quale sempre si parte e al quale sempre si ritorna.
Bisogna scoprire e proclamare che Gesù Cristo non è un’idea, un problema storico e neppure soltanto un personaggio, ma una persona e una persona vivente, con la quale abitare! Questo solo può cambiare la nostra vita e la vita del mondo.
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
II Domenica Tempo Ordinario Anno B
Un incontro per la vita. Grazie.