Sant’Atanasio afferma un principio fondamentale del Cristianesimo: il Figlio di Dio, incarnandosi, ha redento tutto ciò che ha assunto. Questo significa che ha redento tutta la sostanza dell’uomo, perché ha assunto un’anima e un corpo. Ma significa anche che ha redento le relazioni umane che ha assunto, a cominciare dalla relazione fontale dell’uomo stesso: la famiglia. “Con la famiglia si collega la genealogia di ogni uomo: la genealogia della persona” (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie, n. 9).
In una recente inchiesta su vastissimo campione riguardante l’intero territorio nazionale è emerso che per 7 italiani su 10 la famiglia è considerata uno dei fattori che più concorrono all’autorealizzazione ed alla soddisfazione personale: i rapporti primari con i propri figli, con il proprio coniuge o partner, con i propri familiari incidono più di ogni altro aspetto sul bilancio esistenziale.
Eppure – lo vediamo tutti – le famiglie sperimentano crisi talvolta devastanti sia sul versante della coniugalità (incomprensioni, tensioni, separazioni, divorzi…) sia sul versante dei rapporti tra genitori e figli. Cosa significa? Significa che la famiglia – questa relazione umana fondamentale – ha bisogno di essere redenta da Cristo.
Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere particolarmente su questo aspetto.
Abramo, “nostro padre nella fede”, vive – come tanti anche nel nostro tempo – la sofferenza della sterilità. Dalla Bibbia sappiamo che lui e sua moglie ricorsero persino ad un “utero in affitto”: quello della schiava Agar. È lo stesso meccanismo della procreazione artificiale oggi diffusa. Perché accade questo? Perché la paternità e la maternità hanno bisogno di essere redente.
Abramo deve capire che “dono del Signore sono i figli” (Sal 125, 3-7): noi siamo amministratori di relazioni, non proprietari! E ad un dono non puoi attaccarti: ad Abramo verrà chiesto il sacrificio di Isacco (Ebr 11, 17-19): proprio per riequilibrare il suo attaccamento disordinato. Riavrà il suo figlio, ed in lui la benedizione, ma in forma totalmente rinnovata.
Questo è il senso dell’offerta di Gesù al tempio (Lc 2, 20 ss): il Figlio non è proprietà di Maria e Giuseppe: è consacrato al Signore – e ciò deve valere per ogni figlio. È una contestazione del nostro voler far da padroni sulla vita e sulle persone, desiderio che procede dal nostro esserci staccati da Dio.
Ma questa contestazione diventa redenzione nella misura in cui accettiamo che al centro delle nostre relazioni ci sia Gesù, che è l’unico salvatore. «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione», dice il vecchio Simeone.
Segno di contraddizione: o con lui o contro di lui. Mentre la tentazione contemporanea sarebbe quella di stare né con lui né contro di lui, di neutralizzarlo, di renderlo indifferente.
Ma Gesù Cristo non è mai neutralizzabile. Non può essere indifferente per la nostra vita, a partire dalla famiglia. Questa è una realtà stupenda, voluta da Dio fin dalla creazione dell’uomo. Ma è una realtà contaminata dal peccato, che porta egoismo, divisione, disordine, odio, sofferenza, e Cristo viene a salvarla. O si salva con Cristo o, senza Cristo, perisce. Cristo va accolto dentro la realtà familiare. Ecco il senso del sacramento del matrimonio, che fonda la famiglia!
Guardiamo invece al fenomeno della convivenza, così diffuso oggi anche tra coppie che vorrebbero ritenersi cristiane. Si dice: ma noi ci amiamo, di cos’altro c’è bisogno? C’è bisogno della redenzione! C’è bisogno: non è un optional!
C’è un inno tradizionale che dice: “Dov’è carità e amore, qui c’è Dio”. Anche il contrario è profondamente vero: “Dove c’è Dio, lì c’è carità e amore”. Nella famiglia in cui Cristo è presente, per la fede di genitori, per l’ascolto della sua Parola, per la preghiera fatta in comune, per l’osservanza della sua legge, l’amore non mancherà, o potrà rinascere dopo ogni crisi.
La festa di oggi ci invita a scoprire la volontà di Dio riguardo alla famiglia: qual è l’idea di famiglia che aveva in mente Dio, quando in principio creò l’uomo maschio e femmina e li benedisse dicendo: Siate fecondi, moltiplicatevi… L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne.
Questa, in definitiva, la ragione del nostro ottimismo. Perciò preghiamo insieme oggi la santa Famiglia di Nazareth, perché Cristo sia accolto davvero nelle famiglie ed esse possano essere redente e tornino a risplendere come riflessi dell’amore creativo del Padre.
Grazie!
L’ha ribloggato su SrIlariaScarcigliae ha commentato:
Sacra Famiglia 31 dicembre 2017