La liturgia della parola della XVIII domenica del Tempo Ordinario, anno A, si apre con un brano di Isaia che è tutto un invito: O voi tutti assetati, venite all’acqua; voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate senza denaro e senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Che cos’è questo cibo misterioso che Dio, per mezzo del suo profeta, ci invita a procurarci e a mangiare per estinguere la nostra fame e la nostra sete? Tutto il resto delle letture di oggi è una risposta a questa domanda. Noi dobbiamo ascoltare e capire.
Dio dice che noi uomini non facciamo che spendere il nostro patrimonio per cose che non saziano la nostra fame, che non ci appagano.
Fin qui siamo pronti a riconoscere che è vero. Noi, infatti, spendiamo la vita, le risorse, il tempo, per inseguire dei traguardi che non sono in grado di saziarci, cioè di darci pace, serenità e gioia. Questi traguardi sono le ricchezze, il piacere, le realizzazioni che hanno di mira solo noi stessi. Chi guarda indietro alla propria esistenza dalla soglia della vecchiaia, quante volte deve accorgersi della profonda verità di ciò e dire amaramente dentro di sé: che cosa mi resta?
Passiamo la giovinezza a correre dietro al divertimento: feste, discoteche, sballo, sesso… e ne ricaviamo solo tristezza, solitudine e tare mentali. Passiamo l’età adulta a lavorare come somari, accumuliamo denaro su denaro, senza goderci niente… e ne ricaviamo solo esaurimento e malattia. E poi ci attende una vecchiaia in cui saremo abbandonati da tutti, in lite con tanti, e in odio a noi stessi! Ma vale la pena di campare così?
Dio ci dice di cercare qualcos’altro, di cercare da un’altra parte. Da che parte? Nel brano stesso di Isaia è contenuta una risposta: Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete
La prima cosa da cercare è dunque la Parola di Dio. Questo è il fondamento di ogni vita umana. Mettersi in atteggiamento di ascolto, aprire il cuore, e mettere in moto ogni cosa per cercare la parola del Signore.
Vediamo: nel Vangelo abbiamo l’esempio concreto, visibile di questo atteggiamento: Gesù, dopo la morte di Giovanni Battista, sale su una barca e va in un luogo deserto, distante miglia e miglia dalle città. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città.
Ecco come si comporta chi cerca la parola del Signore! E non crediate che fosse così solo in Palestina, duemila anni fa. Anche oggi, in Africa, in America Latina, famiglie intere, uomini, donne, vecchi e bambini, giacché nel loro villaggio non c’è il sacerdote, tutte le Domeniche si mettono in marcia, e fanno fino a trenta chilometri a piedi per partecipare alla Messa. Per loro è normale. Se gli si chiede qualcosa in proposito rispondono: Siamo cristiani!
E noi? Noi no. Cosa ci risponde la nostra gente italiana che, all’80% si definisce cattolica? Noi dobbiamo andare al mare, mica possiamo andare a Messa! Dobbiamo lavorare, mica abbiamo tempo per la Messa. Dobbiamo dormire fino all’una, mica possiamo andare a Messa. La spiegazione più semplice è che noi non siamo cristiani.
E attenzione, perché vi è l’illusione dei “credenti-non-praticanti” – che ovviamente sono dei falsi credenti – ma vi è anche l’illusione dei “praticanti-non-credenti”, come potremmo essere noi, anche religiosi, anche sacerdoti, se la nostra vita è piena di pratiche religiose, ma il cuore non ascolta la Parola, non è disposto a cambiare, non abbandona le proprie comodità e i propri progetti, non segue realmente Cristo!
Se invece si ha nel cuore questo grande desiderio di cercare il Signore, allora il miracolo si realizza anche per noi: Gesù sente compassione di noi, guarisce i nostri malati e poi ci sazia con la moltiplicazione dei pani e dei pesci.
“Ma nota bene a chi è distribuito – dice sant’Ambrogio –: Non agli sfaccendati, non a quanti abitano nella città… fra gli onori del mondo, ma a quanti cercano Cristo nel deserto”
E così sarà anche per noi: se cerchiamo Cristo, se desideriamo sopra ogni cosa ascoltare la Parola del Signore, se siamo disposti a rischiare di perdere tutto, tutto pur di stare con il Signore, magari nel deserto, allora il Signore ci guarisce da ogni malattia, da ogni dolore, ci sazia con il pane del cielo, ci dà il cibo dello spirito ed anche quello del corpo, perché se noi decidiamo di prenderci cura soltanto di Lui, sarà Lui, Lui in persona a prendersi cura di noi.
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