La prima lettura di oggi è un testo molto prezioso, perché è una di quelle pagine (non moltissime) dell’AT che viene direttamente interpretata nel NT.
Il testo di Es racconta di quando Mosè, dopo aver passato sul monte quaranta giorni e quaranta notti, ridiscende nell’accampamento con le tavole di pietra della legge, e la pelle del suo viso era raggiante, ossia conservava il riflesso luminoso della gloria di Dio che aveva contemplato.
Egli mostra questo splendore solo in occasione delle comunicazioni solenni con i gli Israeliti, poi si vela il volto. Il velo tende a “separare” l’uomo che parla con Dio dagli altri. E Mosè, per parlare con Dio, entra ed esce dalla tenda del convegno. Il velo serve a “coprire” la presenza del Signore che splende sul volto di Mosè, come il velo tra il Santo e il Santo dei Santi serve a coprire la presenza divina[1].
San Paolo, in 2 Cor 3, 7-8, fa un midrash, un’esegesi libera e attualizzante, in chiave cristiana, di questo episodio. Egli scrive:
“Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, era così glorioso al punto che i figli di Israele non potevano fissare il volto di Mosè a motivo della gloria, che pure svaniva, del suo volto, quanto più non sarà glorioso il ministero dello Spirito? Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più il ministero della giustizia rifulgerà nella gloria. Ché, anzi, sotto quest’aspetto, quello che era glorioso perde il suo splendore a confronto della sovreminenza della gloria attuale. Se dunque ciò che era passeggero era glorioso, molto di più è circonfuso di gloria ciò che è duraturo. Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli d’Israele non vedessero la fine di quello che svaniva. Ma le loro menti si sono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane quando si legge l’antica alleanza e non si rende manifesto che Cristo lo ha abolito. Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo pesa sul loro cuore; ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto. Il Signore è lo Spirito, e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà! Noi, dunque, riflettendo senza velo sul volto la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria, conforme all’azione del Signore che è Spirito”.
Paolo ragiona in questi termini: le tavole di pietra che Mosè tiene tra le mani contengono la lettera, ossia l’antica legge, che conduceva di per sé alla morte, perché la legge condanna a morte chi ha peccato e tutti abbiamo peccato. Dunque Mosè esercita un ministero della morte. Eppure, non ostante ciò, il ministero di Mosè era tuttavia glorioso, cioè partecipe della gloria di Dio, tant’è che il suo volto era splendente. Figuratevi un po’ – dice Paolo – quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito, cioè l’apostolato nella nuova alleanza, che porta in sé il dono di rigenerazione e di vita dello Spirito Santo, principio di vita e di libertà![2]
In Gv 17, 22 leggiamo: “Io ho dato loro la gloria che tu mi hai data”: Gesù legge la sua missione come conferimento della gloria di Dio agli uomini. Il ministero del NT appare quindi sotto ogni aspetto un ministero della gloria, destinato a conferire la gloria di Dio, e perciò già nei sui ministri questo ministero è circonfuso di gloria divina. Paolo lo chiama ministero dello Spirito, ministero della giustizia, ministero duraturo, perché il dono dello Spirito e della giustificazione non appartiene a una fase preparatoria e provvisoria, ma a quella ultima e definitiva.
Noi non siamo ministri della legge, ma dello Spirito e Gesù, il Signore, è lo Spirito: nel senso che egli è il principio datore dello Spirito Santo ed è colui che viene reso presente dallo Spirito Santo. E dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà: non si sta più sotto la legge, sotto il fardello delle sue prescrizioni esteriori. A differenza di Mosè, che rifletteva soltanto sul volto, coperto dal velo, la gloria di Dio, i ministri della nuova Alleanza contemplano continuamente il Signore risorto e vengono trasformati da lui nella sua stessa immagine, di gloria in gloria. Tale glorificazione è operata dal Signore in virtù dello Spirito che egli possiede e dona a chi crede in lui.
Questa è una delle più belle descrizioni del contemplativo: uno che guarda continuamente il volto del Signore e ne riflette, come in uno specchio, la gloria. Per cui, guardando lui, si resta come illuminati dalla gloria di Dio. Noi tutti, sacerdoti, religiosi, cristiani, siamo chiamati ad essere tali, ad essere ministri della nuova alleanza. Perdiamo però questo splendore quando, a motivo delle nostre insicurezze, anziché coltivare la libertà dello Spirito ci trinceriamo e irrigidiamo nel regime della legge; così perdiamo la nostra libertà, diventiamo una minaccia per la libertà degli altri, opacizziamo il riflesso della gloria di Dio, il velo torna sui nostri occhi e sul nostro volto.
Preghiamo perché lo Spirito, che è libertà e luce, ci conservi nella luce della libertà. Amen.
Questa è una delle più belle descrizioni del contemplativo: uno che guarda continuamente il volto del Signore e ne riflette, come in uno specchio, la gloria. Per cui, guardando lui, si resta come illuminati dalla gloria di Dio. Noi tutti, sacerdoti, religiosi, cristiani, siamo chiamati ad essere tali, ad essere ministri della nuova alleanza. Perdiamo però questo splendore quando, a motivo delle nostre insicurezze, anziché coltivare la libertà dello Spirito ci trinceriamo e irrigidiamo nel regime della legge; così perdiamo la nostra libertà, diventiamo una minaccia per la libertà degli altri, opacizziamo il riflesso della gloria di Dio, il velo torna sui nostri occhi e sul nostro volto.
Preghiamo perché lo Spirito, che è libertà e luce, ci conservi nella luce della libertà. Amen.
Grazie! Fra Aldo!